“Più sto zitto, più firmo”
Elogio del silenzio nell’atto di vendita…
Qualche mese fa, una (brillante) venditrice immobiliare (la chiameremo Judith, si riconoscerà) mi ha sfidato dicendomi che, durante una sessione che stavo conducendo, “più sto zitta, più firmo”… il che non ha mancato di provocare un silenzio nel nostro scambio, ma non un silenzio qualsiasi, senza dubbio il più produttivo che ci sia… un silenzio che mi ha fatto pensare, che mi ha proiettato e che mi ha “annichilito” per la sua ovvietà, la sua rilevanza, la sua forza…
Il silenzio con i venditori è un po’ come il “je t’aime moi non plus”, un rapporto ambiguo e contraddittorio. Da un lato, tutti concordano “concettualmente” sul fatto che il silenzio è un’arma di vendita a tutti gli effetti… ma pochi lo praticano davvero, e la maggior parte non lo ama affatto, ritenendo che ostacoli la relazione più che facilitarla…
Eliminiamo prima i filtri…
Innanzitutto il filtro caricaturale dell’empatia, che presuppone un’interazione costante e un continuo rimbalzo… ma cosa mai si prova di fronte a un chiacchierone, a qualcuno che non lascia respiro, non lascia spazio all’altro per riflettere, per far analizzare la sua sensibilità interiore, o peggio, che aspetta il minimo spiraglio per aprire un altro argomento, spesso estraneo… solo voglia di fuggire, o al massimo di chiudersi… insomma, il contrario di una posizione empatica.
Poi c’è il filtro mentale di un silenzio che dovrebbe interrompere la dinamica di scambio che si è creata con l’altro, che spezzerebbe il legame e l’interazione… questo timore non maschera in definitiva una mancanza di fiducia in se stessi in quello che si sta dicendo, ritenendo (erroneamente) che se c’è silenzio è perché l’altro non è subito d’accordo, non conferma, e che quindi devo aggiungere altro…
Al contrario, fare spazio al silenzio è prima di tutto un segno di autorità.
Una personalità che è un’autorità nel suo campo di competenza è una persona che non ha affatto paura del silenzio, anzi è capace di provocarlo… è fondamentalmente una persona che vuole, non che ha bisogno di farlo. Il desiderio di creare una condivisione autentica… dando all’altro la sensazione di libertà, la libertà di avere un punto di vista diverso… e quindi anche creando le condizioni per questa sensazione di libertà… attraverso il silenzio, attraverso la ricchezza del silenzio.
Infine, il vero talento è saper creare silenzi attivi, silenzi produttivi, come la cara Judith. Osservate attentamente la postura, lo sguardo, la congruenza di quei rari venditori che mostrano questa abilità. Non solo hanno la capacità di provocare silenzi in modo naturale e intuitivo, ma anche di guardare l’interlocutore negli occhi, di gesticolare con umiltà, di assumere una postura rilassata (anziché tesa)… di invitare l’interlocutore, anche se sembra riservato, a esprimersi, a parlare, persino a “rivelarsi”… e ancora di più a proiettarsi, il graal del silenzio produttivo… insomma, di creare, senza dire nulla, tutte le condizioni per ottenere sostegno e “segno”.
A che punto siete con il silenzio?
Ad esempio, siete arrivati a leggere questo articolo o lo avete interrotto prima? E meglio ancora, avete resistito all’impulso di reagire prima di aver letto l’intero contributo? In altre parole, il silenzio segue la stessa curva di apprendimento degli altri apprendimenti: si parte dalla categoria di coloro che sanno tutto di tutto, che monopolizzano la parola, e che quindi ignorano il silenzio tanto quanto la propria incompetenza. Se vi trovate al 2° stadio dell’incompetenza consapevole, allora siete consapevoli di dover lavorare per essere più silenziosi a volte. Al momento, mentre leggete queste righe, forse state imparando alcune pratiche per migliorare la vostra gestione del silenzio: questa è competenza consapevole. L’obiettivo finale dell’apprendimento è quello di renderlo automatico, di metterlo in pratica in modo spontaneo e intuitivo: questa è la competenza inconscia.
Per concludere questo post, non posso fare a meno di farvi riflettere sullo slogan di una famosa marca di patatine che ha occupato per qualche anno il mio passato professionale di marketer nel settore alimentare: “è chi ne parla meno che ne mangia di più”.
Silenzio… si spara (insieme, se lo si desidera).
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