Che ne dite di un ritorno a standard elevati e all’emulazioneal centro del gioco quando si tratta di gestione delle vendite?

françois-xavier théry Pubblicato da François-Xavier Théry – 18 January 2024

I risultati di PISA 2022, pubblicati lo scorso dicembre, mostrano che la Francia continua a scendere in classifica in termini di apprendimento e risultati accademici, dove ora sono appena alla media OCSE, e in particolare un indebolimento dell’eccellenza, con un numero sempre minore di studenti molto bravi.

Inoltre, i corsi preparatori, che un tempo rappresentavano il miglior percorso verso la Grande Ecole, sono oggi sempre più messi in discussione da genitori e studenti, che non vedono l’utilità di passare due anni a studiare matematica, filosofia o letteratura in un contesto di forte pressione accademica, piuttosto che optare per corsi immediatamente professionalizzanti, potenzialmente con una dimensione internazionale, come un bachelor.

Infine, recentemente, nell’edizione del 14/12/2023 de L’Express, la filosofa Julia de Funès ha scritto un articolo sulle virtù dell’autorità, spiegando che “riconoscere e accettare la superiorità è l’unico modo per evitare l’assurdità egualitaria imperante, senza tornare all’autoritarismo di un tempo”.

Per quanto pungente e stimolante, questa diatriba è comunque molto accurata e può indurci a riflettere sulle sue implicazioni per la gestione dei team di vendita.

La diagnosi di un team di vendita, delle competenze osservate e del suo stato d’animo è una delle primissime responsabilità di un manager. Un manager a cui viene detto dalla mattina alla sera (evidentemente almeno dagli anni Duemila) che deve dimostrare benevolenza, assertività, empatia, intelligenza relazionale, ecc. per non rischiare di essere visto come un dittatore autoritario totalmente disumanizzato.

E che quindi si sente un po’ fuori posto, o addirittura in colpa… se osa parlare di emulazione, sottolineare prestazioni individuali di fronte a un gruppo, o anche dire francamente al collega che i suoi risultati non sono soddisfacenti, o comunque non all’altezza dello standard atteso.

Sì, Julia de Funès ha ragione a scrivere che « siamo tutti uguali davanti alla legge », ma questo non significa che siamo uguali. Alcuni lavorano meglio di altri, alcuni hanno più meriti di altri. Non ammetterlo significa rifiutarsi di riconoscere alle persone il loro vero valore.

E se fosse questo il vero coraggio manageriale, la vera leadership?

Questo non significa assolutamente lasciare in disparte i venditori in difficoltà e riconoscere solo il talento dei migliori, ma al contrario incoraggiare (o far rinascere) il gusto dell’eccellenza in tutti. Perché non dimentichiamo che il miglioramento delle prestazioni complessive deriverà da una vera e propria dinamica di “spostamento del centro”, il famoso “60% dei venditori che contribuisce al 60% delle prestazioni”, e come posso fare in modo che questo “centro” possa essere guidato da uno slancio di eccellenza, dal desiderio e dalla capacità di fare ancora meglio.

A tal fine si possono utilizzare diverse leve:

  • in primo luogo, diagnosticare, non l’eccellenza al singolare, ma le forme plurali di eccellenza e i detentori di queste forme di eccellenza, ossia identificare (e quindi tornare alla diagnosi delle competenze, pietra angolare di tutto il management) i fattori chiave di successo dell’attività aziendale e i dipendenti che sono potenziali contributori dell’eccellenza in questi fattori chiave.
  • essere trasparenti con il resto dell’azienda, dare un significato, spiegare perché e non avere paura di mostrare i risultati su questi fattori chiave di successo… creando al contempo emulazioni collettive permanenti su brevi periodi (per non rimanere in posizioni troppo consolidate e dare a tutti la possibilità di dimostrare il proprio contributo).
  • garantire che questi collaboratori di eccellenza siano in grado di trasmettere le loro buone pratiche e le loro “ricette” quotidiane ai loro colleghi, se necessario prendendo in considerazione sistemi di ricompensa finanziaria e/o di sostegno alla formazione (per incoraggiare il trasferimento delle conoscenze).
  • infine, lavorare sulla “mentalità per vincere”, non immaginando, illudendosi, a volte anche in modo caricaturale, che pseudo-seminari o immersioni in ambienti estremi risolvano magicamente le mentalità difettose… lavorare sulla propria postura, sul proprio stato d’animo in modo più sottile, più approfondito, investendo innanzitutto del tempo per conoscere se stessi, la propria personalità, il proprio stile, ma anche le proprie paure più profonde, i propri messaggi limitanti, l’impatto degli alti e bassi della vita, per poi definire la propria roadmap sulle proprie aree di lavoro, i propri punti di vigilanza ma anche i propri punti di forza, e qui la postura del manager coach assume tutto il suo significato… così come l’importanza di essere accompagnati da un coach.

In Halifax stiamo lavorando su questi temi, ci stiamo attrezzando sempre di più e stiamo fornendo coaching e metodi a un gran numero di sales manager e dipartimenti di vendita che condividono la visione di riportare gli standard elevati e la competizione al centro del gioco. E stiamo anche cercando di applicarla alle nostre sfide di vendita.

Se l’argomento vi interessa, o anche se non siete d’accordo, parliamone.


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